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Non sei contento del tuo lavoro, come del resto l’80 % delle persone intervistate. 

Fatti questa domanda: Tu che cosa vedi? Una brevissima poesia, composta dallo scrittore indiano Tagore, Nobel 1913, recita:

"La farfalla non conta gli anni ma gli istanti: per questo il suo breve tempo le basta".
 
Questa metafora può diventare la base di partenza e il punto d'appoggio sui quali iniziare il percorso di riflessione sulla soggettività della percezione.

Alla base delle notevoli problematiche interpersonali, che purtroppo investono il nostro mondo, c'è il diverso modo di leggere la realtà.

Umberto Eco ha scritto ultimamente un libro, "Kant e l'ornitorinco", in cui vuole dimostrare la difficoltà di inserire tutte le nuove informa
zioni in categorie predefinite, come insegnava il filosofo tedesco, il quale sarebbe stato impossibilitato a classificare un animale come quello del titolo.
 
 
L'ornitorinco infatti, ha caratteristiche del tutto originali e solo dopo cento anni, gli studiosi del settore sono riusciti a trovargli una collocazione scientifica, in una tipologia creata apposta per questo strano animale: "Mammifero lungo in media una cinquantina di centimetri, due chili circa, con il corpo piatto coperto di pellame marrone scuro, senza collo e con la coda da castoro; ha il becco d'anatra, di colore bluastro di sopra e rosa o screziato di sotto, senza padiglioni auricolari, le quattro zampe terminano con cinque dita palmate ma con artigli; sta sott'acqua abbastanza (e vi mangia) per considerarlo un pesce o un anfibio, la femmina depone le uova, però allatta i propri piccoli, anche se non si vede alcun capezzolo".
 
Le categorie in genere sono, per molti di noi, una sorta di prigione che ci impedisce di ampliare i nostri spazi, di vedere nuovi orizzonti.
Dice il poeta William Blake: "Se si pulissero le porte della percezione, ogni cosa apparirebbe all'uomo come essa veramente è, infinita.
Ecco, allora, l'esigenza di ricercare la libertà di spaziare, di trovare il proprio percorso personale, fuori da schemi predefiniti e vincolanti.
Va superato, quindi, quello stato di chiusura in un mondo circoscritto dove gli obiettivi e le aspettative, molte volte, risultano retaggio di condizionamenti introiettati passivamente.
E la libertà di scegliere, di decidere il proprio cammino, può orientare l'individuo verso una lettura positiva della realtà, anche quando questa, a prima vista, appare del tutto diversa.
C'era una volta in Cina un vecchio contadino che aveva un figlio ed una cavalla.
Una sera la cavalla fuggì; allora i contadini che abitavano nelle vicinanze andarono da lui per manifestargli la loro solidarietà per quell'evento negativo: ma egli, invece di esprimere il proprio dolore, dichiarò che forse non era una disgrazia. Infatti, il giorno dopo, la cavalla tornò con tre stalloni. 

Da allora tutti i contadini andarono a manifestargli la loro gioia per l'evento positivo: egli, invece, dichiarò che forse non era una fortuna.
Il giorno dopo infatti, il figlio del contadino, per cavalcare uno degli stalloni, cadde da cavallo e si ruppe una gamba; stessa processione dei contadini e stessa risposta del vecchio saggio. Infatti, mentre il ragazzo era all'ospedale, il soffitto della sua camera crollò, ma egli non subì alcun danno.
Morale della favola: ciascuno di noi ha la possibilità di costruirsi chiavi interpretative favorevoli per uscire dai vincoli di una visione triste della vita.
Il professor Kitting, nel film "L'attimo fuggente", ripete una frase del poeta americano Henry David Thoreau, "molti uomini vivono vite di quieta disperazione", a conferma che si può condurre la propria vita senza determinazione ed impegno per il miglioramento delle proprie condizioni.
E sullo stesso tema, Oscar Wilde aggiunge che: "Vivere è la cosa più rara al mondo, la maggior parte della gente esiste e nulla più".
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